Il mutuo è un contratto disciplinato dagli artt. 1813 e ss. c.c. , in cui una parte, detta mutuante, consegna all’altra parte, il mutuatario, una somma di denaro o beni fungibili e quest’ultimo si impegna a restituire al mutuante una quantità equivalente di denaro o beni della stessa specie e qualità.
Che forma deve avere un contratto di mutuo?
La forma scritta, pur non essendo obbligatoria per legge, è fortemente raccomandata per prevenire eventuali problematiche a carattere civile e fiscale. Considerata l’entità degli importi che caratterizza questo tipo contrattuale, infatti, l’Agenzia delle Entrate potrebbe sempre richiedere documentazione adeguata per controlli su movimenti finanziari sospetti, specialmente per verificare il rispetto delle normative antiriciclaggio.
È comunque sempre preferibile la forma scritta, anche ai fini dell’interpretazione del prestito come fruttifero, qualora la causale non lo specifichi chiaramente o per verificare la sussistenza di un tasso usuraio.
Per tali motivi, sempre più spesso e soprattutto nelle compravendite immobiliari, è praticamente prassi ormai acquisita stipulare il relativo contratto davanti ad un notaio utilizzando la forma dell’atto “pubblico” per la scrittura. Per ulteriori informazioni, leggi anche la guida sul ruolo del notaio e i relativi costi.
Quando il tasso di interesse è usuraio?
Gli interessi, in ogni mutuo oneroso, rappresentano il corrispettivo del prestito di denaro e, naturalmente, devono rispettare la normativa vigente, che vieta il superamento di una soglia ben precisa ed individuata dalla legge come “d’usura”, fissata periodicamente dalla Banca d’Italia. Tale percentuale, prevista anche dalla Legge 108/1996, viene calcolata aumentando del 25% il tasso medio praticato per tipologia di operazione, cui si aggiunge un ulteriore margine del 4%, con un massimo del 8%.
Qualora i tassi pattuiti superino tali limiti, si può parlare di usura e il contratto di mutuo potrebbe essere colpito da nullità (relativa) per la parte inerente agli interessi (in questo caso, il mutuatario è tenuto a restituire solo il capitale, senza interessi).
Sul punto si rileva che, secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, occorre calcolare i tassi non solo al momento della stipula del contratto ma anche nel corso del rapporto, proprio per verificare eventuali superamenti del suddetto limite.
Come si è evoluta nel tempo la normativa?
La normativa disciplinante i contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali è stata rafforzata con la direttiva 2014/17/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. 72/2016, la quale ha stabilito criteri più rigidi per la trasparenza e la tutela del consumatore. Si impone agli istituti di credito l’obbligo di fornire informazioni più chiare, complete e maggiormente comprensive sui:
- tassi d’interesse applicati;
- costi complessivi del mutuo (istruttoria, commissioni bancarie);
- risvolti di eventuali inadempimenti (come, ad esempio, cosa comporta la decadenza dal beneficio del termine)
La direttiva UE ha poi introdotto l’obbligo di valutazione approfondita della capacità creditizia del consumatore, riducendo il rischio di sovraindebitamento e stabilendo criteri più restrittivi di gestione del rischio per le banche.
Da Notai.it