L’Intelligenza Artificiale (IA) utilizza software specifici e reti neurali per creare o copiare (in toto i parzialmente) qualsiasi opera letteraria o artistica, dai documenti testuali alle canzoni, dai libri al cinema, le quali sono a loro volta impiegate per addestrare i cosiddetti modelli linguistici di grandi dimensioni, su cui si basano le grandi aziende.

L’attenzione sul punto sta crescendo esponenzialmente in quanto l’IA sta letteralmente invadendo ogni ambito artistico e creativo specie in forza della considerazione per cui, in pratica, ogni persona, considerata la facilità di utilizzo, è in grado di utilizzarla senza particolari difficoltà. Il problema nasce dal fatto che tale attività può essere casuale e involontaria ma anche dolosa (non comportando almeno per il momento sanzioni di particolare rilievo).

In questo senso ecco che si sente sempre più la necessità, da parte di determinate categorie di soggetti, di approvazione di una legge che obblighi o comunque disciplini le condotte delle società di intelligenza artificiale a rendere noto il materiale protetto da copyright poi utilizzato per addestrare i modelli di IA generativa.

In quali casi l’intelligenza artificiale può violare il diritto d’autore?

Sussiste una violazione del diritto d’autore quando gli elementi essenziali di un’opera originale sono i medesimi di quelli dell’opera frutto del plagio totale o parziale.

Potrebbe dunque concretizzarsi un illecito ogniqualvolta l’IA utilizzi in tutto o in parte materiale coperto dal diritto d’autore.

Solo ed esclusivamente nel caso in cui IA generativa generi contenuto inedito, questo potrebbe in astratto non recare alcun danno o violazione del diritto d’autore.

Le opere create da IA sono coperte dal diritto d’autore?

Ad oggi no, almeno in Italia non risulta possibile applicare la normativa in materia di diritto d’autore ad un’opera – anche se creata dal nulla – costruita con l’IA per due motivi principali.

In primo luogo, in quanto il creatore dell’opera sarebbe da considerarsi il programma o meglio l’algoritmo che utilizza la macchina, il quale assolverebbe solo la funzione di strumento e catalizzatore per l’opera. È dunque ragionevole ritenere che, in assenza di qualsivoglia apporto creativo umano alla sua elaborazione, sembrerebbe da escludersi la formazione di un vero e proprio diritto d’autore tutelabile a norma di legge.

Il secondo motivo che corrobora la tesi dell’inapplicabilità della normativa è rappresentato dalla difficoltà a capire, almeno a prima vista, quando e come l’opera viene creata dall’IA. Se, infatti, un programma è in grado di generare di continuo nuove opere, è difficile determinare quale sia l’”originale” e quindi cristallizzare il momento dal quale approntare l’eventuale tutela per l’opera “virtuale”.

Il governo americano sta analizzando la questione del copyright non solo sotto l’aspetto IA in senso puramente tecnico ma anche su come tutelare quelle che sono le opere creative già esistenti a fronte di un uso sempre più massiccio di IA generativa in spregio alle normative sul diritto d’autore.

Cosa prevederebbe il Generenative AI Disclosure Act?

Il “Generative AI Copyright Disclosure Act” è un progetto di legge proposto negli Stati Uniti D’America che mira a tutelare le professioni creative imponendo l’obbligo per le maggiori aziende multinazionali di IA di presentare al Registro dei Diritti d’autore eventuali opere protette da copyright presenti nei loro set di dati di addestramento prima di rilasciare nuovi sistemi di IA generativa. Tale proposta ha trovato il favore di molte delle associazioni di categoria che effettivamente risultano ad oggi non proprio tutelate a fronte di un’espansione così incontrollata da parte dell’intelligenza artificiale generativa.

Da Notai.it